Difesa sindacale

 

 

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Difesa Sindacale

LA COMPONENTE ANARCHICA NELLA
CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA
DEL LAVORO

(1944 - 1960)

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  Comunisti Anarchici e Libertari in CGIL n. 41 Agosto 2017   

SI INTENSIFICA L'ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO

Le polemiche orchestrate dalla borghesia sulla legge che regola il diritto di sciopero si sono intensificate anche quest'anno, nei mesi estivi, in occasione di alcuni episodi che hanno interessato soprattutto il sistema dei trasporti. La ragione, come detto in nostri precedenti interventi, sta nel fatto che le già restrittive applicazioni delle leggi in vigore prevedono periodi di moratoria nei mesi da giugno ad agosto; ed è proprio in questi momenti che i padroni cercano di approfittare della situazione ancora più favorevole per intensificare lo sfruttamento e far passare le ristrutturazioni nell'organizzazione del lavoro.

Questo è accaduto puntualmente in questo periodo, ma l'attacco al diritto di sciopero non deve essere sottovalutato come se fosse un fatto stagionale perché ci sono tutti i segnali per considerarlo in maniera diversa. La polemica dei media è infatti iniziata artificiosamente con lo sciopero nazionale del trasporto pubblico e privato del 16 giugno, indetto dai sindacati di base, che era stato proclamato seguendo le regole fissate dalla legislazione in atto. Ma l'obbiettivo della polemica non era tanto sulla “correttezza” o meno del percorso seguito dai sindacati, ma bensì proprio sulla necessità di introdurre ulteriori restrizioni nei tempi e nei modi di proclamazione e di attuazione degli scioperi. Per questo da tempo sono state presentate diverse proposte di legge, sia dalla maggioranza governativa che da partiti di opposizione, per limitare ancor più il diritto di sciopero.

Questa situazione non riesce però ad intimidire fino in fondo i lavoratori e le lavoratrici che di fronte agli attacchi padronali riescono spesso a rispondere in maniera coraggiosa ed adeguata. E' quanto è accaduto il 1° agosto negli aereoporti di Malpensa e Linate dove gli addetti nel settore handling, che cura i bagagli ed i servizi aereoportuali a terra, dopo una assemblea hanno deciso di scendere senza alcun preavviso in sciopero dalle ore 7,00 alle 9,00.

Il motivo di questa protesta è stato determinato dal fatto che la società AGS, che a Malpensa gestisce il servizio di handling per Ryanair, stava per inserire in subappalto la Cooperativa Alpina esternalizzando con salari più bassi le mansioni che oggi svolgono i lavoratori aereoportuali; un passe partout per introdurre e poi generalizzare i contratti precari. Uno sciopero quindi difensivo, determinato dalle sciagurate iniziative padronali, che dovrebbe vedere qualsiasi polemica indirizzata sui veri responsabili che sono i dirigenti di Ryanair e di AGS.

La manovra era stata già tentata nel 2015 ma era stata respinta dalla mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Adesso la società AGS ci ha riprovato perché, per sostenere le tariffe basse e fuori mercato che pratica a Ryanair, cerca di abbattere i costi subappaltando alla cooperativa Alpina. Naturalmente l'ha fatto nel periodo di franchigia degli scioperi, fidando nella imposta tregua sindacale, ma i lavoratori hanno deciso che la lotta di classe non va in vacanza ed hanno risposto tempestivamente ottenendo intanto la sospensione dell'iniziativa societaria. Una risposta giusta, anche se non si dovrebbe fermare alla difesa dell'esistente ma andare oltre chiedendo nuove assunzioni dirette dei lavoratori super sfruttati delle cooperative.

Una cosa positiva che vogliamo sottolineare è che questa lotta è stata sostenuta da tutte le sigle sindacali presenti a Malpensa e Linate (dalla Filt-Cgil, passando per Fit-Cisl ed Uilt, fino a Usb e Cub), sigle che per le leggi attuali subiranno delle pesanti sanzioni; altri hanno preferito mettere l'accento sulla lotta parlando genericamente di “sindacati”, forse per l'imbarazzo della partecipazione della cosiddetta Triplice. A noi non interessa tanto citare la presenza, probabilmente “transitoria”, di questo o quel sindacato in questa mobilitazione, ma vogliamo comunque sottolineare quanto è avvenuto. Lo abbiamo fatto, e lo faremo, ogni volta che si dovesse verificare una reale unità sindacale sotto la spinta delle lotte e dell'unità di classe dei lavoratori e delle lavoratrici.


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CGIL: IL NUOVO ASSETTO DELLA SEGRETERIA CONFEDERALE

L'Assemblea Nazionale della CGIL, appositamente convocata lo scorso 10/11 Luglio, ha eletto il Segretario generale della FIOM Maurizio Landini – che conseguentemente si è dimesso da questo incarico - nella Segreteria nazionale confederale. Con questo atto formale si conclude così il percorso di ricomposizione al vertice della CGIL dopo la fase di scontro che aveva toccato il culmine nei primi mesi del 2014 durante lo svolgimento dell'ultimo congresso nazionale. Un percorso che negli ultimi due anni, sopratutto dopo l'arenarsi della confusa proposta di “Coalizione sociale” lanciata proprio da Landini, ha visto prima calare la polemica interna sull'accordo del Testo Unico sulla rappresentanza firmato dalla Camusso il 10 gennaio 2014 proprio all'apertura delle assemblee di base congressuali, per poi incanalarsi verso un riavvicinamento che ha avuto il suo banco di prova con la firma assieme a Fim ed Uilm del Contratto dei metalmeccanici nel Dicembre 2016.

L'ingresso di Maurizio Landini in Segreteria nazionale confederale non è da liquidare semplicemente come la dimostrazione del suo allineamento tout court alla maggioranza che ha governato la CGIL in questi ultimi anni, magari solo per ambizione personale come vorrebbero i suoi più accesi detrattori, né d'altra parte può essere considerato come il vento del cambiamento ai vertici confederali. La realtà sembra un po' più complessa ed è probabile che nella fase attuale, in mancanza di una chiara ed adeguata linea della CGIL di fronte al devastante attacco padronale, i vari protagonisti del precedente scontro politico siano stati indotti ad un riavvicinamento per poter meglio affrontare le crescenti difficoltà del sindacato; in ciò hanno sicuramente pesato sia la problematica situazione politica vissuta dalla confederazione, sia le difficoltà attraversate da tempo dalla FIOM sopratutto nei settori automobilistico e siderurgico e più in generale nei rinnovi contrattuali nazionali.

L'accordo raggiunto al vertice della CGIL non sembra però avere cancellato le differenze precedenti; differenze che non si basavano solo su una presunta linea monolitica di sinistra della FIOM, ignorando le varie posizioni interne, ma sopratutto su una diversa concezione organizzativa e politica del sindacato, sul ruolo della confederalità sindacale. Maurizio Landini è stato eletto dalla Assemblea Generale della CGIL con 166 voti favorevoli (ovvero il 95% dei presenti), 7 voti contrari, 1 astenuto. Un voto quindi “bulgaro” che però presenta alcune sorprese visto che l'attuale Assemblea generale è costituita da 329 componenti (in maggioranza attivisti nei luoghi di lavoro, o nelle leghe dello SPI, ma accuratamente selezionati ed indicati dalle varie categorie), un numero che ci fa capire come la maggioranza che ha eletto Landini sia meno forte di ciò che appare, e questo sia nel caso che la corposa assenza alla votazione sia stata determinata da una scelta politica o da uno scarso interesse alla partecipazione.

I prossimi sviluppi sono al momento di non facile lettura visto che a Landini, nella riorganizzazione interna alla numerosa Segreteria confederale, adesso di undici componenti, è andata una delega non completa sulla contrattazione; questo, assieme alla assemblea programmatica sul mezzogiorno che si terrà a settembre a Lecce, ed una possibile assemblea programmatica per affrontare il prossimo Congresso, potrà meglio chiarire gli equilibri interni al sindacato. Equilibri che in ogni caso saranno difficili da gestire per i sostenitori di Landini che corre il rischio di essere “utlizzato” mediaticamente dalla CGIL – che ne ha un grande bisogno – ma di risultare politicamente indebolito perché inevitabilmente schiacciato nella difesa della segreteria confederale e senza avere più il controllo diretto della “sua” FIOM. La via della successione a Susanna Camusso, se questo è l'obiettivo di Maurizio Landini, sarà quindi estremamente ardua.

Il nuovo assetto della Segreteria nazionale sembrerebbe comunque indicare l'inizio di un periodo di stabilità interna alla CGIL che però non significa né il superamento delle aree programmatiche, né quello delle diverse impostazioni politiche, né tantomeno delle difficoltà politiche ed organizzative attraversate dalla Confederazione. Queste sono ancora più evidenti al di fuori delle politiche contrattuali che sono gestite direttamente dalle categorie; infatti a livello confederale, dopo la fine della mobilitazione sui vari referendum costituzionali e del lavoro, riemerge l'isolamento in cui sono lasciati i singoli territori che risultano abbandonati a se stessi, con le grandi difficoltà che quotidianamente devono essere affrontate per la perdita di posti di lavoro, la crescita della disoccupazione e della povertà, l'erosione continua del zolfare duramente conquistato con le lotte degli anni '60/'70 del secolo scorso.

Manca un piano complessivo di intervento della CGIL, a meno che non si voglia considerare come tale il Piano del Lavoro presentato all'inizio del 2013 rimasto sulla carta e che poco o niente ha prodotto. Un piano che, riprendendo la politica keinesiana declinata in chiave attuale, proponeva di rilanciare l'occupazione attraverso l'intervento pubblico e privato per una nuova politica industriale, sociale, ambientale, fondate su una nuova politica fiscale, mettendo al centro il territorio, riqualificando l'industria ed i servizi, riformando il welfare. Un piano quindi ambizioso che però non teneva conto dei continui tagli ai bilanci statali, regionali, comunali e che, sopratutto per quanto riguarda la parte privata, non considerava che questa va solo là dove la porta ….. il profitto !

Nei territori avviene quindi esattamente il contrario di quanto auspicato dalla CGIL, con la continua distruzione dei posti di lavoro, dell'ambiente, del welfare. Il Jobs Act, sommato alle delocalizzazioni ed all'avanzare della rivoluzione informatica che non sposta semplicemente l'occupazione in nuovi settori ma che in parte la distrugge, sta producendo un vero e proprio sconvolgimento sociale che interessa tutte le categorie e tutti i territori. Questo riguarda globalmente il mondo del lavoro, ma in particolare alcuni settori come ad esempio quello degli appalti, dove continua la sostanziale sopravvivenza del massimo ribasso e la situazione del lavoro e dei lavoratori è sempre più critica nonostante il ripristino della responsabilità solidale del committente dopo il referendum proposto dalla CGIL.

Di fronte a questa situazione servirebbe allora una chiara, comprensibile, unificante linea di opposizione alla devastante riorganizzazione del capitale che sempre più velocemente si adatta e sfrutta le continue novità introdotte dai cambiamenti in atto, scaricando brutalmente le proprie contraddizioni sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, producendo sempre più disoccupazione, inoccupazione, precarizzazione, checché ne dicano i vari Renzi, Poletti, ecc...

Per questo sarebbe sempre più urgente e necessario mettere al centro delle richieste sindacali l'obiettivo della ripartizione del lavoro e della diminuzione dell'orario di lavoro a parità di paga, cercando di generalizzare questa rivendicazione a livello europeo per evitare l'attuale concorrenza sul mercato del lavoro che produce solo un peggioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione. Un obiettivo, quello della riduzione dell'orario di lavoro, non certo rivoluzionario ma che sarebbe in grado di dare delle risposte chiare e perseguibili anche nella realtà attuale.

Queste sono le scelte da fare, con fermezza e con convinzione; solo cosi, e non con il maquillage mediatico portato da questo o quel dirigente, si potrà dare da parte del sindacato un indirizzo unificante per cercare di ricompattare la disgregata forza lavoro e lottare per contrastare la sempre più diffusa situazione di divisione, di individualismo, di arretramento sociale.

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