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Convegno 2 aprile '11  

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LA COMPONENTE ANARCHICA NELLA
CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA
DEL LAVORO (1944 - 1960)

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Comunisti Anarchici e Libertari in CGIL n. 34 Gennaio 2016

Proposta ai militanti della lotta di classe.

Un unico obbiettivo, una sola grande battaglia.


E’ una semplice riflessione che può servire di collegamento sia per i militanti comunisti libertari sia con le altre opposizioni presenti nella CGIL così come con eventuali settori del Sindacalismo di Base. Nel corso di questi anni abbiamo con una certa continuità analizzato e documentato, in particolare nel nostro paese, lo sviluppo del conflitto sociale, i rapporti di forza fra le classi, le conseguenze e le ricadute inevitabili fra ciò e l’andamento generale delle stesse relazioni sociali ed individuali; così come molte volte abbiamo scritto e verificato che a fronte della perdita di “potere” e di egemonia espressa dal movimento operaio organizzato si sia diffusa, in tutti gli ambiti sociali, una cultura sempre meno solidaristica e uno sviluppo di comportamenti e pratiche sempre più individualiste. E’ evidente, almeno per noi, il collegamento fra l’andamento della lotta di classe, la sconfitta che il movimento operaio organizzato sta vivendo, con la totale assenza di vincoli solidaristici fra generazioni, fra i generi, financo il diffondersi, a livello dell’intera società e nei rapporti conviviali, di un certo stato d’animo generale sempre più malevolo. Così come, seppure fortunatamente non ancora maggioritario nell’opinione pubblica, il manifestarsi di una accentuata xenofobia con vere e proprie manifestazioni di razzismo, nei confronti degli emigranti e dei rifugiati politici. Per chi avesse la bontà e la voglia di seguire questa nostra traccia, che ha origini lontane e precise, senza voler qui sintetizzare i vari e periodici accadimenti che hanno testimoniato tale declino, indichiamo la lettura dei nostri attuali siti: Comunismo Libertario e Difesa Sindacale (www.difesasindacale.it - www.comunismolibertario.it) Dando, quindi, per acquisito che la “cifra” oggi della nostra classe, del movimento operaio, è la sua totale frammentazione, la totale incapacità di incidere sulle realtà produttive e sociali, l’assoluta inerzia a fronte di una rinnovata capacità di protagonismo da parte padronale e governativa, che testimonia la volontà, espressa per altro sempre più esplicitamente, di recuperare totale discrezionalità sulla forza lavoro (1) spostando l’orologio della storia agli albori del capitalismo, occorre risalire la china. Il protagonismo da parte delle nuove generazioni, storicamente sempre necessario per una reale trasformazione degli ambiti sociali, politici e culturali, è assente; sono, ahi loro, “affaccendate” a sopravvivere fra disoccupazione, lavori precari, temporanei, nuova emigrazione. Per chi come noi ancora si ostina ad essere partigiano della lotta di classe, seppur sconfitto ma senza alcuna intenzione di ritirarsi a vita privata né di abiurare convincimenti che altresì ci appaiano ancor più necessari a fronte della barbarie che oggi il mondo capitalistico vive, esiste l’obbligo di tentare di creare e di fornire, ad eventuali altre generazioni che si affacceranno da protagoniste nel divenire sociale, un possibile terreno di iniziative e un crogiolo di idee su cui tentare di far riiniziare l’ascesa alla nostra classe.

Occorre intanto, con un grande sforzo soggettivo e volontaristico, ripristinare e stimolare in tutti i posti di lavoro e nella società una grande spinta alla militanza ed al protagonismo sociale. Anni e anni di arretramenti, di mediazioni al ribasso , di pratiche legate alla così detta concertazione (2) con il padronato pubblico e privato hanno determinato una incapacità di organizzare e dirigere il conflitto nei posti di lavoro così come nella società tutta. Di converso si sono definiti sempre più percorsi individuali di contrattazione, rifiuto di prassi collettive e cristalline, discrezionalità totale negli avanzamenti di carriera, uso “lobbystico” delle stesse strutture sindacali ancora esistenti. I pochi delegati che ancora esistono nei posti di lavoro (RSU) hanno scarsa o nulla capacità di pressione poiché dietro non hanno più nessuno. Né la coesione e la forza del collettivo di lavoratori di cui dovrebbe essere espressione, né tanto meno la forza e la capacità organizzativa della struttura sindacale di appartenenza (CGIL, CISL UIL che sia, tanto meno la galassia dei Sindacati di Base). Se non ricreiamo a partire dai luoghi di lavoro una struttura militante e coesa di presenza e di pressione, potremo avere come delegato ufficiale anche Michail Bakunin in persona, il grande rivoluzionario anarchico russo, ma quel delegato o quella delegata niente potrebbe. Individuiamo un obbiettivo prioritario. Uno solo. Su questo facciamo una grande campagna di mobilitazione. Usiamo e spendiamo tutta la capacità organizzativa ed il sapere delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori. Sappiamo dove colpire con poco rischio da parte nostra, ma penalizzando molto il padrone. Usiamo tutte le energie e tutte le categorie. Nessuna esclusa, includendo anche i pensionati. Costruiamo intorno a questo unico obiettivo una larga convergenza sociale con le strutture e le organizzazioni giovanili e sociali che ancora esistono seppur sparse e frammentate nei territori urbani e periferici. Solo se riusciamo a vincere, su un terreno seppur minimale, può riprendere la consapevolezza che la lotta paga e che è con il conflitto e con l’azione collettiva che si migliorano le condizioni sociali dell’intera comunità. Potrebbe essere, per esempio, il ripristino dei 40 anni massimi di anzianità lavorativa per andare in pensione, con l’ 80 per cento dell’ultimo stipendio, sviluppando intorno a questo semplice, ma comprensivo obiettivo un ragionamento ed una iniziativa come quella che il movimento operaio sviluppò per esempio per la campagna delle otto ore. La rivendicazione delle otto ore “8 ore di lavoro, 8 ore di riposo, 8 ore per il resto” iniziata a metà del ‘800 nelle lontane terre australiane, passò per l’America e poi per l’Europa per affermarsi definitivamente solo nel secolo successivo; fu una rivendicazione internazionale e fu proprio questo obiettivo che, a memoria dei “martiri di Chicago” (3) del maggio del 1886 indicò la giornata del Primo Maggio come manifestazione internazionale del movimento operaio. Potremo e dovremo rivendicare che dopo 40 anni di lavoro che diamo alla collettività si possa stare in ozio almeno la metà degli anni, prendendo l’80 per cento del nostro ultimo salario. Ci pare una rivendicazione di buon senso, facilmente comprensibile, oltre che condivisibile e su cui poter aggregare settori di masse giovanili che oggi pur avendo la fortuna, rispetto alla maggioranza dei coetanei, di avere un lavoro andranno in pensione oltre che molto vecchi con un reddito che non garantirà affatto la sopravvivenza. Oppure, se ci sembra che sul terreno della previdenza la necessaria alleanza con le nuove generazioni sia di difficile attuazione per la lontananza dell’obiettivo, puntiamo, per esempio, sulla reintegra del posto di lavoro e sul ripristino della giusta causa in caso di licenziamento. In sostanza il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Potrebbe essere questa una battaglia che vede impegnato tutto il movimento operaio e su cui costruire alleanze non solo con i settori giovanili e le nuove generazioni, ma con ampi settori di popolazione che ancora mantengono un indirizzo solidaristico, non ancora rinsecchito e prosciugato dalle asperità economiche e sociali sempre più forti. Il semplice ripristino dell’art.18 ci pare politicamente molto più realistico e sensato di una ipotetica stesura di un “Nuovo Statuto dei Lavori” che la CGIL si appresta a definire. (4) Il giudizio positivo che settori della sinistra sindacale hanno espresso su tale ipotesi, basato sulla possibilità di un percorso referendario contro il Jobs Act, ci sembra eccessiva non solo perché il documento del Direttivo del 6 Novembre 2015 ci appare comunque debole per quanto riguarda le necessità dello scontro in atto, ma perché in sostanza delega alle strutture dirigenti il dibattito e la definizione della proposta di legge del Nuovo Statuto che vedrà impegnati i lavoratori a discuterne formalmente dal 15 Gennaio a fine Febbraio 2016. Si ripeterà lo stesso percorso scorretto e sbagliato del Piano del Lavoro; scarsa o nulla discussione effettiva nei posti di lavoro, soprattutto mai realmente dipanata e coniugata con la realtà e delle battaglie contrattuali, normative, salariali e sociali: un corpo di idee staccate e buone per i convegni e per i comizi, ma non inverate nella consapevolezza comune e nella battaglia quotidiana. Nell’ipotesi migliore di un dibattito si creerà la classica situazione se aderire o meno all’elaborazione dell’organizzazione comunque calata dall’alto; ma soprattutto non si capisce dove e come sarà possibile determinare rapporti di forza i quali dovrebbero garantire la buona riuscita della legge (ammesso che sia buona nella sua elaborazione ancora sconosciuta). Infine occorre ricordare che tutti i referendum che hanno interessato il movimento operaio sono stati persi, a partire da quello sulla Scala Mobile fino a quello sulla Rappresentanza. Non siamo riusciti a contenere la “furia” padronale di questi ultimi 30 anni. Solo per rimanere alla Legge 300/70 ci hanno levato l’articolo 4 su gli impianti audiovisivi, l’articolo 13 sulle mansione del lavoratore, l’articolo 18 sulla reintegra. Se non siamo riusciti a contenere alcunché di questa feroce battaglia che vede il padronato, coadiuvato dai Governi, vincere contro di noi; ma quale mai altri Statuti dobbiamo e possiamo ipotizzare ? Da materialisti sappiamo che qualsiasi legge, quindi anche il Nuovo Statuto, cristallizza e fotografa i rapporti di forza esistenti.

Cristiano Valente Direttivo Filt Cgil Livorno

Note:

  1. Da “Il Manifesto delle relazioni Industriali” www.federmeccanica.it

“crediamo in un nuovo modello di Relazioni Industriali fondate sulla partecipazione e sul coinvolgimento di tutti gli attori: Le parti sociali e gli individui…..Crediamo in un sistema di Relazioni Industriali…in cui il livello aziendale si possa sostituire a quello nazionale … Il contratto nazionale deve lasciare spazio a quello aziendale nel momento in cui nelle aziende vi siano le condizioni , le volontà e le specificità per una differente completa o parziale regolazione degli aspetti normativi ed economici afferenti il rapporto di lavoro…. Crediamo quindi in un sistema che contempli la possibilità di sostanziali deroghe definibili a livello aziendale anche sui contenuti economici, che non devono essere cumulativi, all’interno di schemi da stabilire a livello nazionale…….le dinamiche salariali devono invece essere strettamente collegate ai risultati economici e reddituali conseguiti dalle aziende.”

  1. Vedi www.Difesa Sindacale.it - DS n°1 aprile 2011 Relazione Contrattazione e DS n°32 agosto 2015

  2. Vedi sito Primo Maggio Internazionalista

  3. Vedi documenti Comitato Direttivo CGIL 6 Novembre 2015



GIUBILEO: OVVERO QUANDO OGNI OCCASIONE E' BUONA

PER ATTACCARE IL DIRITTO DI SCIOPERO


Mario Salvadori *

Il 24 novembre 2015 presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti veniva siglato tra il Ministro Graziano Delrio, le associazioni delle imprese di trasporto, le Federazioni sindacali FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, un Protocollo di intesa per il Giubileo straordinario che terminerà il 20 novembre 2016. La Commissione di Garanzia per gli scioperi, alcuni giorni dopo, puntualmente valutava idoneo il Protocollo di intesa; così, senza colpo ferire, venivano notevolmente ampliati i periodi di franchigia che escludevano la possibilità di poter effettuare uno sciopero.

Le parti in questione hanno infatti concordato che nelle giornate di maggiore rilevanza del calendario giubilare - definite come Grandi Eventi – venga assicurata la franchigia dall'attuazione di scioperi nei trasporti, fermi restando quelli già definiti negli accordi di settore. Viene istituita inoltre una “cabina di regia” permanente presso il Ministero, con la partecipazione delle associazioni dei datori di lavoro e dei sindacati firmatari dell'accordo, per monitorare e prevenire vertenze conflittuali e per estendere con accordi aggiuntivi la franchigia ai giorni precedenti e successivi ai Grandi Eventi, nonché ad ulteriori eventi giubilari.

Tutto questo significa che ai novantadue giorni di franchigia, già individuati in precedenza in applicazione degli accordi previsti dalle leggi in materia, ne andrà aggiunto un altro buon numero che salirà fino a quarantatre giorni nel caso – molto probabile - che le Segreterie nazionali di Filt Fit Uilt si accordino per estendere detta franchigia ai giorni precedenti e successivi ai Grandi Eventi: un totale, quindi, di centotrentacinque giorni in cui verrà esclusa qualsiasi azione di sciopero!

In ultimo non va sottovalutata la possibilità che la franchigia sia estesa ad ulteriori eventi giubilari con il contorno di giorni “prima” e “dopo” esclusi da eventuali scioperi. Dimenticavo: a questa cifra vanno aggiunti altri sedici giorni in previsione delle due tornate elettorali amministrative che nella prossima primavera interesseranno alcune tra le maggiori città italiane..... L'accordo prevede inoltre che le organizzazioni sindacali firmatarie si impegnino “nei giorni non coperti da franchigia ad esperire ed esaurire tutte le procedure di raffreddamento previste dai CCNL o da altri accordi sindacali”.

Ma, che diamine, ci sono dei vincoli pure per le aziende ! Infatti è previsto che le imprese “aderenti alle organizzazioni datoriali firmatarie (del protocollo) non assumeranno iniziative unilaterali, impegnandosi a ricercare ogni possibile soluzione delle vertenze e dei conflitti sindacali”: un impegno solenne, questo, che con cognizione di causa possiamo paragonare sicuramente ad aria fritta.

E ciò per diversi motivi. Innanzitutto perché le violazioni dei Contratti e degli accordi in essere saranno molte e riguarderanno soprattutto il livello aziendale e territoriale, con la conseguenza che non sarà possibile ad alcuna “cabina di regia” nazionale seguire e risolvere le tante situazioni particolari; questo anche ammettendo, ma solo per pura ipotesi, che ci sia la volontà politica di farlo. Inoltre non esiste alcun articolo, sia nella legge 146/90 sulla regolamentazione degli scioperi che nelle successive modifiche, che preveda delle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che assumano iniziative unilaterali in violazione dei Contratti e degli accordi nei periodi di raffreddamento delle vertenze; sanzioni che invece sono pesantemente previste nei confronti delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori.

L'impegno del Ministero di segnalare alla “Commissione di Garanzia per gli scioperi” le eventuali inadempienze delle parti firmatarie il protocollo, per gli interventi di competenza, resteranno lettera morta per quanto riguarda i datori di lavoro per i quali come abbiamo appena visto non sono previste sanzioni. E questo, se ancora ce ne fosse bisogno, rivela la vera natura di classe della legislazione che regolamenta lo sciopero.

E' inutile sottolineare che questa dirigenza sindacale, sempre pronta a subire e succube delle logiche parlamentari, non ha neppure tentato di raggiungere un sia pur minimo risultato inserendo nell'accordo una clausola che obbligasse i datori di lavoro a dover rispettare i periodi di raffreddamento, pena pesanti sanzioni, durante la tregua giubilare. Le aziende avranno pertanto ulteriori opportunità per violare il CCNL e gli accordi aziendali, erodendo ancora di più i diritti ed i salari; l'azione di resistenza dei lavoratori e delle lavoratrici, dei delegati e delle delegate, delle RSU, risulterà ancora più difficile ma assolutamente necessaria.

* Direttivo CGIL Lucca


FIRMATO IL CONTRATTO DEGLI AUTOFERROTRANVIERI:

UN NUOVO PASSO INDIETRO NEI DIRITTI E NEI SALARI.


Dino Bocchi *

Il 28 novembre del 2015 è stata siglata l'ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL Autoferrotranvieri tra le organizzazioni imprenditoriali ASSTRA ed ANAV e la FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, UGL-FNA, FAISA-CISAL; il CCNL decorre dal 01/01/2015 ed avrà scadenza il 31/12/2017.

Tra i vari Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro da rinnovare quello degli “Autoferrotranvieri” (ovvero il Trasporto Pubblico Locale) era scaduto dal lontano 2008; un Contratto che viene presentato dalle Organizzazioni Sindacali come una parte del “Contratto della Mobilità” benché questo obiettivo al momento non sia stato raggiunto. Si sarebbe trattato in questo caso di fare un nuovo CCNL, superando quelli delle Attività Ferroviarie e degli Autoferrotranvieri, per poter meglio affrontare le riorganizzazioni che interessano, ed interesseranno sempre più, le varie aziende di trasporto. I lavoratori interessati sarebbero stati quindi oltre 200.000 costituendo, oltretutto, una forza d'urto notevole in grado di esprimere un elevato potere di contrattazione.

Le cose, in realtà, sono andate diversamente; dopo alcuni scioperi nazionali che hanno visto coinvolti assieme gli addetti del TPL e delle Attività ferroviarie, e dopo la sigla dei protocolli di intesa del 30 aprile e del 14 maggio 2009 che fissavano le linee generali per il proseguimento della trattativa ed aumenti salariali di riallineamento, si è giunti all'accordo del 30 settembre 2010 sulla cosiddetta prima parte del contratto, cioè gli articoli riguardanti il sistema delle relazioni industriali, i diritti sindacali, il mercato del lavoro. Successivamente è subentrata una fase di stallo che le Segreterie Nazionali hanno pensato di superare ridefinendo gli obiettivi della già nebulosa piattaforma contrattuale varata all'inizio del 2009 (1) e giungendo poi a siglare un Contratto – oltretutto negativo - per le sole Attività Ferroviarie nel luglio 2012. (2)

Il risultato è stato quello di lasciare isolato il settore degli autoferrotranvieri – che tra l'altro aveva partecipato in maniera massiccia agli scioperi per il contratto della Mobilità - di fronte all'intransigenza delle imprese ed in un momento sempre più difficile a causa delle ristrutturazioni, delle gare di appalto in diverse regioni, del taglio dei fondi pubblici. Le Segreterie Nazionali, sempre più sulla difensiva, hanno quindi continuato una lunghissima trattativa solo per gli autoferrotranvieri intervallata da momenti di rottura e da isolati ed inconcludenti scioperi – l'ultimo dei quali risale al 19 marzo 2014 – costrette a scendere sul terreno di confronto voluto dalle parti imprenditoriali che prevedevano l'autofinanziamento del rinnovo contrattuale da parte dei lavoratori. In sostanza questo ha significato confrontarsi con le proposte negative portate avanti dalle aziende, soprattutto per quanto riguarda la flessibilità del personale e l'orario di lavoro, mentre di adeguati aumenti salariali nemmeno a parlarne.

La trattativa, in assenza di qualsiasi mobilitazione dei lavoratori, è sfociata infine il 28 novembre 2015 nella sigla dell'accordo per il nuovo CCNL Autoferrotranvieri scaduto ormai da otto anni (con l'ultimo aumento salariale di “riallineamento” concordato nel Maggio del 2009).

L'accordo prevede una notevole introduzione di flessibilità e di carichi di lavoro in un settore dove, soprattutto per quanto riguarda il trasporto urbano, gli autisti sono sottoposti ad un notevole stress psicofisico. L'orario di lavoro, 39 ore settimanali, viene realizzato come media nell'arco di un periodo di compensazione di 26 settimane consecutive. Per ogni settimana ogni dipendente può essere programmato tra un limite minimo di 27 ore ed un limite massimo di 50 ore, e l'organizzazione dell'orario di lavoro nel periodo di compensazione è di stretta pertinenza aziendale; resta solo un esame periodico per verificare una equilibrata utilizzazione nei turni di lavoro. Al fine di adeguare la prestazione effettiva alle 39 ore settimanali andranno contrattate, a costo zero, le saturazioni al massimo livello possibile. Inoltre, in situazioni di crisi aziendale o per programmi di servizio straordinari, potranno essere definiti turni di servizio con eccedenza fino ad un massimo di 60 minuti del limite medio settimanale; in mancanza di accordo le aziende possono prevedere unilateralmente un incremento dell'orario di lavoro fino ad un massimo di 13 ore nell'arco di 26 settimane. E' inoltre prevista una riduzione giornaliera di 5 minuti sui tempi accessori; detto così sembra poco ma, nell'arco di un anno, sono tre giornate di lavoro per ogni autista che vengono date alle aziende a costo zero.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro l'azione di contrasto all'applicazione nei contratti del Jobs Act, che per la CGIL dovrebbe essere un punto centrale della propria strategia, rimane limitata al personale assunto prima del 07/03/2015 (compreso il personale in apprendistato professionalizzante poi confermato); a questi viene mantenuta la vecchia normativa sui licenziamenti illegittimi prevista dall'Art. 18 creando così, progressivamente, un doppio binario nei diritti e contribuendo ad approfondire le divisioni tra i lavoratori. Questa clausola viene confermata anche in presenza di cessione di contratto, ma sempre per i lavoratori che erano già in forza alla data del 7 marzo 2015.

Ancora peggio, se così si può dire, per quanto riguarda l'assunzione dei contenuti dell'art. 8 della manovra finanziaria del settembre 2011 del governo Berlusconi, visto che adesso si prevede la possibilità di definire tra le parti intese modificative dei CCNL negli orari, nell'organizzazione del lavoro, nella prestazione lavorativa, al fine di gestire situazioni di crisi economica e finanziaria o in presenza di significativi investimenti. Una possibilità, questa, che oltre alle aziende piace molto anche a CISL ed UIL che hanno sempre spinto per l'ingresso di questi contenuti nella contrattazione aziendale.

Nella parte del Welfare è prevista una quota destinata alla sanità integrativa, cosa ormai inserita in tutti i contratti e che contribuisce a smantellare l'assistenza sanitaria pubblica, e 90 Euro annue destinate alla previdenza integrativa (Fondo Priamo) che tanto stanno facendo discutere sia perché da molti è vista come una somma che poteva essere utilizzata per incrementare i salari e sia perché l'adesione al Fondo è prevista come obbligatoria per via contrattuale.

L'obbligatorietà cozza con il Dlgs 252 del 2005 che all'art. 1 dice che “l'adesione alle forme pensionistiche complementari disciplinate dal presente decreto è libera e volontaria” (e quindi esclude l'imposizione del conferimento del TFR e di quote da parte del lavoratore), ma è anche vero che nell'art. 8 dello stesso Decreto Legislativo si prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato mediante la via contrattuale. Ma, comunque la si voglia mettere, questo articolo del CCNL serve solo per sostenere il Fondo Priamo – che vede scarse adesioni nel settore – e costituisce una pagina non edificante per i sindacati firmatari, contribuendo così ad aumentare la già forte diffidenza dei lavoratori verso la validità e le vere finalità dei Fondi Pensione nella cui gestione sono presenti anche i rappresentanti sindacali.

La parte salariale, dopo una così lunga assenza di incrementi in busta paga, era attesa con speranza da parte dei lavoratori ma la delusione è stata grande per il risultato conseguito soprattutto se equiparato al numero degli scioperi, diluiti nel tempo ed inconcludenti, che erano stati effettuati. Gli aumenti, su una retribuzione media al parametro 175, sono di 100 Euro scaglionati in tre anni (35 Euro da novembre 2015; 35 da luglio 2016; 30 da ottobre 2017). Il lungo periodo pregresso alla firma del CCNL viene “sanato” con una tantum di 600 Euro per il periodo 2012/2015, che si va a sommare alle 700 Euro di una tantum erogate nel 2013 per gli anni precedenti al 2012. La perdita salariale è stata quindi notevole e, se sommata alla flessibilità ed ai carichi di lavoro introdotti, chiarisce che ASSTRA ed ANAV hanno raggiunto l'obiettivo di far autofinanziare ai lavoratori il rinnovo contrattuale.

L'ipotesi di accordo è stata sottoposta ad un referendum, svoltosi nei giorni 15/16/17 dicembre, che ha avuto come risultato l'approvazione della maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno votato. L'astensione in una situazione di grande delusione e di scoraggiamento è stata alta; non ha votato, pur in assenza di un boicottaggio organizzato, il 40% degli aventi diritto. I favorevoli sono stati il 64,89 % dei votanti mentre i contrari il 35,11 % dei voti validi.

Questi risultati potrebbero essere meglio analizzati se scomposti per località e per aziende, ma purtroppo non sono stati resi noti i dati completi delle varie regioni, città, aziende. Dai dati parziali diffusi da alcuni siti locali vediamo comunque che in alcune importanti situazioni territoriali e/o aziendali ha prevalso il NO: in Toscana, con una percentuale di votanti del 67,81%, più alta della media nazionale, i favorevoli sono stati circa il 40 % mentre i contrari oltre il 58% con la punta di Arezzo dove i NO sono stati il 96%. Alla “ATM” di Milano i favorevoli sono stati il 40% mentre i contrari sono stati il 58,50%. In Lazio, pur non avendo il dato dell'astensionismo, alla “ATAC” di Roma il SI è al 41,60% ed il NO al 57% ed a “Roma TPL” il SI al 30% ed il NO al 70%. Il dato, su base regionale, viene riequilibrato dal forte SI di “Cotral Lazio” e dalla somma delle piccole aziende private: alla fine i 9010 voti validi del Lazio vedono il SI al 50,60% ed il NO 49,40%. Alla “GTT” di Torino ha votato il 62% con il SI al 67% ed il NO al 33%.

Potremmo continuare con altri dati, ma sempre parziali. Per concludere sarebbe stato interessante vedere il dato della “AMT” di Genova i cui dipendenti nel Novembre 2013 attuarono un blocco totale di cinque giorni contro la privatizzazione dell'azienda, nonostante le precettazioni ed il rischio di forti multe e sanzioni disciplinari; allora finì con una spaccatura tra i lavoratori che in un referendum, che vide una forte astensione, accettarono in maggioranza l'accordo siglato dai sindacati. Purtroppo non abbiamo il dato aziendale “AMT” del referendum sul contratto, che interessava 2350 dipendenti, ma comunque è noto quello della Liguria che si avvicina molto a quello finale nazionale (Votanti 64%; SI 65%; NO 35%).

Lo scioglimento della riserva da parte delle Segreterie Nazionali, in seguito all'esito del referendum, non mette comunque fine alle problematiche legate al nuovo CCNL. A cominciare dalla sua applicazione perché, al momento attuale, la agenzia AGENS che rappresenta le aziende “ATAC” e “Roma TPL” ha preso atto del risultato del Referendum ma “mantiene intatte le riserve sul testo approvato” ed anzi rilancia chiedendo una pronunciata delegificazione del settore e “l'urgenza di un sostanziale riequilibrio del peso tra contrattazione nazionale ed aziendale (…) valorizzando i temi connessi alla produttività aziendale nell'ambito della negoziazione di secondo livello” (3). Richiesta questa certamente gradita soprattutto alla CISL, e che casca a puntino per la parte datoriale visto l'articolo del CCNL che prevede la possibilità di derogabilità contrattuale.

Le organizzazioni ASSTRA ed ANAV non sono da meno ed appena firmato il Contratto dichiarano già che si impegnano a rivedere in futuro il modello contrattuale nel segno della flessibilità in modo tale che a livello aziendale una parte del salario sia collegata alla produttività. Non poteva mancare anche un commento di Roberto Alesse, “garante” nazionale degli scioperi, che lapidariamente dichiara: “Dopo la firma del Contratto, ora basta scioperi”.....

Non sottovalutiamo certamente l'importanza di rinnovare il CCNL dopo ben otto anni dalla sua scadenza, e mentre l'istituto contrattuale viene messo in discussione dal Governo e dal padronato, ma ci sembra evidente che farlo a queste condizioni abbia significato accettare l'impostazione datoriale ben espressa a suo tempo da ANAV che aveva richiesto modifiche all'orario ed al mercato del lavoro, una forte riduzione del costo del lavoro, bassi aumenti salariali, in modo da autofinanziare il rinnovo del CCNL. Ed inoltre costituisce un allineamento del sindacato di categoria della CGIL alle posizioni ed alle proposte portate avanti dalla CISL e dalla UIL in materia di mercato del lavoro, di welfare, di contrattazione aziendale.

Il rinnovo del CCNL Autoferrotranvieri avviene quindi con un arretramento sia nei diritti che nella parte salariale, mentre cresce la sfiducia nei confronti del sindacato con un prezzo di adesioni che rischia di pagare come sempre la CGIL; e questo mentre in molte realtà si stanno per affrontare le gare per il servizio del Trasporto Pubblico Locale con le prevedibili ristrutturazioni e ricadute sul personale. E' stata inoltre sprecata, in questa vicenda contrattuale, la grande opportunità di saldare assieme l'azione rivendicativa e la forza dei lavoratori e delle lavoratrici di tutto il settore del TPL e delle ferrovie, non raggiungendo inoltre l'obbiettivo del Contratto della Mobilità.

Le responsabilità ed i limiti della dirigenza sindacale della FILT-CGIL, in questa vertenza contrattuale che costituisce il paradigma della attuale linea “camussiana” della Confederazione, sono evidenti. L'azione dei lavoratori e delle lavoratrici dovrà andare in direzione opposta per recuperare una vera autonomia e superare i fallimentari vincoli di compatibilità e di moderazione salariale che hanno portato solo ad arretramenti e sconfitte.

*operaio ferroviere

NOTE:

  • Contratto della Mobilità: il punto (Difesa Sindacale n. 5, ottobre 2011).

  • Contratto Attività Ferroviarie: un pessimo accordo (Difesa Sindacale n. 13, ottobre 2012).

  • AGENS – Comunicato stampa del 23 dicembre 2015.